"La rivoluzione parte dalle piccole cose. Anche dalla musica. A me è capitato, ascoltando una canzone, di cambiare il mio modo di vedere la realtà".
Rocco Hunt non le manda certo a dire. Un po’ scugnizzo, un po’ intellettuale, con i suoi 19 anni appena, il rapper campano che ha conquistato tutti all’ultimo Festival di Sanremo con il brano “Nu Juorno Buono”, è pronto a dire tutta “A Verità” sulla sua terra e sulla sua gente. Lo fa attraverso brani dai testi pungenti, parole che tagliano come lame il velo di silenzio e di finzione che copre il mondo corrotto della politica e le malefatte della camorra. Ma nel suo nuovo album di inediti, disponibile dal 25 marzo, ci sono anche frasi di speranza e la grande certezza che un futuro migliore si possa, anzi, si debba costruire partendo dalle piccole cose, anche dalla musica. Nato e cresciuto tra le case popolari di Salerno, Rocco si rivolge soprattutto ai giovani, chiedendo loro di prendere coscienza di ciò che sta accadendo e di diventare motore del cambiamento sociale del Paese.
Qual è “A Verità” di Rocco?
La verità è che il Sud soffre ed è molto arretrato rispetto al Nord. La mia regione, la Campania, è vista purtroppo solo come la Terra dei Fuochi. Ma i rifiuti non sono stati messi dalla mia gente ma
dalla politica. Lo Stato se ne frega delle famiglie.
Il tuo ultimo album contiene diversi brani che parlano proprio di questo argomento.
Il disco contiene pezzi di denuncia come “Nu Juorno Buono”, “A Verità”, il brano che mi rappresenta di più, e “Devo parlare” in cui dico che i camorristi diventano assessori e lo Stato mi fa schifo.
Credi ci possa essere una via d’uscita?
Ci sarà. E nei miei testi lo dico chiaramente. La rivoluzione parte dalle piccole cose. Anche dalla musica. A me è capitato, ascoltando una canzone, di cambiare il mio modo di vedere la realtà. Quando canto mi rivolgo ai miei coetanei, fino ad oggi quasi completamente disinteressati all’argomento politica e ai tanti problemi sociali che affliggono il nostro territorio. Dopo il successo di Sanremo, ho notato fortunatamente un maggior coinvolgimento e più speranza da parte loro. Non amano la politica ma amano l’hip hop e quindi sono pronti ad ascoltare ciò che ho da dire. Il rap può spronarli e aiutarli ad uscire dalla campana di vetro in cui vivono.
“A Verità” contiene tanti featuring con artisti importanti, da Ramazzotti ai Tirmancino, da Clementino ad Enzo Avitabile. Come sono nate queste collaborazioni?
Quello di Eros è stato un vero regalo, arrivato prima di Sanremo. Ci siamo incontrati nel suo studio di registrazione, L’Isola, dove io stavo lavorando al rifacimento di un brano di Bennato, “Un giorno credi”, che poi è diventato “Credi”. Ramazzotti mi ha sentito registrare e si è offerto di cantare il ritornello del pezzo. Con Federico Zampaglione, invece, siamo amici. Mi ha sostenuto e mi è stato molto vicino durante il festival. Nel disco cantiamo “Come una cometa”. Clementino è un fratello per me, ci uniscono tante passioni e l’orgoglio campano. Insieme abbiamo dato vita a “Ce Magnamm”. Di Enzo Avitabile sono fan: ascoltando la sue canzoni è nata l’idea di “A Verità”, con un bellissimo assolo di sax nell’ultima strofa.
18 brani nell’album sono davvero tanti.
Ne avevo pronti addirittura 22, ma dovevo fare delle scelte. Sono uno che scrive tantissimo. Alcune delle tracce dell’ultimo disco provengono dal progetto precedente, “Poeta Urbano”, il mio primo album. A Milano, città in cui mi sono trasferito, ho trovato nuovi stimoli e quindi sono nate altre canzoni.
E parli anche di amore e di donne.
“Na Vota Ancora” è dedicata a mia madre. Parlo del mio rapporto con lei e del rispetto che tutti noi dovremmo avere per la figura materna e le donne in genere. Il disco contiene anche brani con protagoniste ragazze che ho conosciuto: amori finiti, sofferenze passate.
Quali ricordi hai di Sanremo, oltre alla vittoria nella Sezione Nuove Proposte?
Ho conosciuto tante belle persone, stretto amicizie importanti. Però molti dei cantanti in gara se la tiravano! (ride, ndr). Sono felice che l’hip hop abbia tro vato ampio spazio anche in televisione, nel programma di Fabio Fazio e non solo.
Chi è Rocco Hunt oggi? Quanto è cambiata la tua vita?
Il tenore di vita è migliorato. Giro tanto, ho la possibilità di fare esperienze e di imparare ogni giorno. Umanamente sono lo stesso ragazzo di prima, che ama il rap, che canta in piazza durante la festa del paese. La famiglia resta il mio punto di riferimento e appena posso torno a casa. Cosa è cambiato? Forse sento una responsabilità maggiore perché ora mi ascoltano molti giovani e anche tanti adulti. Devi per forza essere credibile e avere i piedi ben piantati a terra, senza rinunciare alla fame e all’ambizione.
Prossimi obiettivi?
Imparare a suonare uno strumento, come mi ha consigliato Eros Ramazzotti. Credo che sceglierò il piano. Sogno di duettare con Giorgia ed Elisa, tesoro della nostra musica. Voglio sperimentare e avvicinarmi ad altri generi musicali. E poi voglio prendere la patente!